Cenni Storici sulle Chiese di Bassano Romano

Ammiriamo la chiesa parrocchiale intitolata a "Maria Santissima Assunta" che sorge, in parte, a ridosso del Palazzo Giustiniani-Odescalchi ed è frutto di un ampliamento della chiesa quattrocentesca effettuato nel 1703. Su mandato del Principe, Don Vincenzo (II) Giustiniani, il giorno 25 aprile di quell'anno, l'arciprete Don Bartolomeo Mosconi tenne la cerimonia di benedizione delle fondamenta, alla presenza della nobile famiglia nonché di tutto il popolo. La prima pietra fu solennemente posata dal Principe, dando così la possibilità di estendere la preesistente chiesa ormai troppo piccola per le esigenze spirituali della popolazione. In conseguenza di questo ampliamento, la parte absidale della nuova chiesa ha le fondamenta poggianti direttamente sul fondo del vallone. Vista dal ponte "delle Vaschie" (che scavalca il vallone) essa si erge quindi esageratamente slanciata. La facciata della chiesa in pietra locale, spartita da sei paraste, è arricchita da due piccoli campanili sormontati da globi e croci latine. Al di sopra della finestra rettangolare è presente un orologio e, al centro del bordo superiore, uno stemma della famiglia Giustiniani che ne interrompe la profilatura. Tutto è sormontato da una statua marmorea della Vergine poggiata su un basamento posto in alto, al centro della facciata. L'interno è a navata unica, con volta a botte e pianta a croce latina. Nella parete di fondo, al di sopra della porta centrale d'accesso, vi è un coro del XIX secolo in legno dipinto. Risale agli anni appena posteriori al 1854, allorché il feudo fu acquistato dagli Odescalchi. Nel coro è custodito un organo che risale agli inizi del XVIII secolo. (Risulta, da un' incisione eseguita su una canna di detto strumento, che il 7 agosto 1767 fu operata una pulitura della testata dell'organo). Nella prima cappella a destra, un dipinto (secolo XVII) raffigura San Luigi Gonzaga. Nella seconda cappella a destra, entro un'edicola posta sopra l'altare, è collocata una statua lignea della Madonna col Bambino del XIX secolo. Nella terza cappella a destra si nota un dipinto risalente al XVIII secolo, raffigurante la "Mater dolorosa" ornata da una corona d'argento. Nell'altare sottostante è stato ricavato un sepolcro dove il 16 settembre 2001 fu traslata la Salma del Servo di Dio Eugenio dell' Addolorata. Studente passionista, nacque a Bassano il 25 febbraio 1883 con il nome di Giuseppe Venanzi, figlio di Vincenzo e Felicissima Frediani, morì in odore di santità il 29 luglio 1900. Sopra l'altare del braccio destro del transetto, un dipinto del XVII-XVIII secolo rappresenta San Pietro. Nei pressi dell’altare vi è il fonte battesimale, realizzato in bronzo e marmo, mentre di fronte, nel braccio sinistro, è riprodotto un buon dipinto di scuola del Guercino raffigurante il martirio di San Gratiliano, patrono di Bassano. L'altare maggiore, dipinto a trompe-l'oeil inquadra una pala che rappresenta l'Assunzione della Vergine. L'opera eseguita nel XX secolo, reca in basso a destra la firma dell'autore: Giuseppe Cellini. In una stanza sopra il coro, a sinistra dell'altare maggiore, sono conservate le reliquie di San Luciano e la testa di S. Gratiliano, contenuta in un busto d’argento sbalzato e cesellato. Dal transetto, verso l'uscita, percorrendo la parte sinistra della navata, incontriamo la cappella della Madonna del Rosario, contenente una tela, buon lavoro di scuola accademica del XVII secolo. A seguire, sopra il secondo altare, vi è un dipinto del secolo XVII raffigurante San Giovanni Evangelista che, per le sue caratteristiche, riprende motivi dei Caracci e del Caravaggio. Nell'ultima cappella, verso l'uscita, è raffigurato, invece, Sant'Antonio Abate, particolarmente venerato dai bassanesi e festeggiato il 17 gennaio con grande partecipazione di popolo.

Foto Parrocchia



Poi abbiamo la chiesa dedicata a San Filippo Neri ed oggi intitolata anche a "Maria Santissima della Pietà". La chiesa è stata eretta intorno alla prima metà del '600 a ricordo del Cardinale Benedetto Giustiniani, che si era adoperato presso il Pontefice per la canonizzazione del Santo. Nella visita pastorale del 1697 è detto: "…Visitò la chiesa di San Filippo Neri di nuovo costruita dall'Ecc. Signore il Principe Giustiniani e dalla sua Ecc. madre e in essa finora vi è un unico altare ben provvisto e per questo sommamente ed espressamente lodò la pietà dei detti Ecc. Principi, tanto era elegantemente ornato". All'inizio del XIX secolo la famiglia Giustiniani fa eseguire delle opere di restauro e di abbellimento all'interno della chiesa: l'aula destinata ai fedeli viene arricchita da lesene che scandiscono le campiture spaziali, sormontate da otto capitelli in stucco, al di sopra dei quali è inserita l'aquila Giustiniani; vengono creati quattro altari e donati oggetti di arredo sacro quali candelabri, calici, reliquiari, croci d'altare e due incisioni (inchiostro su carta, 1827) di Raffaello Persichini raffiguranti la crocefissione di nostro Signore. Fra i lavori eseguiti nel XIX secolo annoveriamo anche il bel soffitto ligneo, purtroppo alterato da un infelice restauro del 1941. Esso è suddiviso in tre fasce orizzontali: quella al centro reca un dipinto raffigurante l'ascensione di San Filippo Neri, mentre le altre recano lo stemma della famiglia Odescalchi che ha sostituito quello dei Giustiniani. Nel primo altare a destra un dipinto su tela del XIX secolo rappresenta San Michele Arcangelo che poggia i piedi sul corpo di Lucifero. E' la copia del quadro omonimo di Guido Reni che si trova a Roma nella chiesa di Santa Maria della Concezione. Vuole una tradizione dell'epoca che nelle spoglie del demonio sia raffigurato il pontefice Clemente X Altieri che perseguitò la famiglia Barberini già protettrice dell'artista. Nel secondo altare a destra è rappresentato San Francesco di Paola, vestito del saio dei Cappuccini, mentre la tela del primo altare a sinistra rappresenta Sant'Anna, il Bambino e San Giovannino. Nel secondo altare a sinistra, la tela rappresentante l'apparizione della Vergine a San Filippo Neri è la copia di un'altra opera di Guido Reni che si trova nella chiesa romana di Santa Maria in Vallicella. Nell'altare maggiore è conservata la veneranda immagine della Madonna della Pietà, particolarmente cara al cuore dei bassanesi.




La chiesa di San Gratiliano Martire una volta solitaria chiesa in aperta campagna, si trova oggi al centro della zona nuova del paese. Fu eretta nel 1546, in onore del giovane martire che aveva scelto e voluto sotto la sua protezione il popolo di Bassano come racconta una tradizionale leggenda che riportiamo nel capitolo ottavo. La chiesetta, a navata unica e copertura in legno a capriate, presenta un'abside semicircolare incorniciata da due paraste dipinte a fresco, riproducenti motivi a grottesche alternati con motivi ripresi dal filone classico. Singolare l'inserimento di personaggi cristiani, quali San Paolo con la spada, sulla destra, e a sinistra San Pietro con le chiavi, nel tessuto paganeggiante. Entrambi sono raffigurati diritti, sopra un piedistallo, al di sotto di un'edicola campaniforme. Ai lati dell'abside, un ciclo di affreschi racconta la vita ed il martirio del Santo. Sul lato destro (dal basso verso l'alto) troviamo: il battesimo di San Gratiliano impartito da Sant’Eutizio; la predicazione di San Gratiliano a Faleri; il processo di San Gratiliano a Faleri. Sul lato sinistro (dall’alto verso il basso) troviamo: il miracolo operato da San Gratiliano, durante la prigionia a Faleri, su Santa Felicissima che, cieca sin dalla nascita, riacquista la vista; il martirio di San Gratiliano mediante decapitazione (sullo sfondo raffigurazione del monte Soratte); il ritrovamento del capo di San Gratiliano nel luogo in cui sorge l'attuale chiesa. Il ciclo, pur nella sua mediocrità di esecuzione, presenta una certa "vis" popolareggiante, efficace per la funzione di raccordo con il fedele, e rappresenta comunque un prezioso documento per la storia di Bassano. Dietro l'altare maggiore una tela del 1757 rappresenta San Gratiliano che sorregge con la mano sinistra una riproduzione della città di Bassano e con la destra la palma del martirio. A sinistra c'è una veduta della chiesa omonima e in basso un'iscrizione riporta il nome dell'autore, un pittore bassanese di nome Cristoforo Bollini.




Dalla chiesa di San Gratiliano si prosegue per circa 800 metri in direzione di Capranica, giungendo su un colle panoramico dove fanno bella mostra di se i Monti Cimini, i Monti Sabatini e gli Appennini che, nelle limpide giornate invernali, sono ben visibili con il loro manto bianco. Su tutti predomina la maestosa sagoma del Monte Terminillo.Su questo panoramico colle, in posizione dominante su tutta la campagna circostante, si erge la chiesa di San Vincenzo Martire, voluta dal marchese Vincenzo Giustiniani come mausoleo di famiglia. Il Marchese e i suoi discendenti furono sepolti davanti all'altare del transetto sinistro, dedicato a San Vincenzo. Il tempio, che alcune fonti attribuiscono a Carlo Maderno, presenta una facciata monumentale, decorata con lesene, nicchie e cornici; ai lati due campanili ne completano lo sviluppo lineare. E' coronata da una balaustra nel cui centro spicca un grande busto del Redentore, raffigurato con barba e veste drappeggiata, vagamente senatoriale. Tra i due campanili appare la cupola che completa un effetto scenografico di notevole suggestione, reso ancora più magico da una appropriata illuminazione, che all'imbrunire ne esalta le linee armoniose. L'interno è a croce latina con copertura a botte sulla navata e sul transetto, e a cupola sul loro incrocio. Colpisce il visitatore la sobrietà dell'insieme e la purezza di linee di stampo rinascimentale, anche se la chiesa fu edificata in pieno seicento. Sulla facciata si legge la data 1630, ma, in effetti, nel 1637, a causa di dissesti statici, la chiesa non era ancora officiata. Vincenzo Giustiniani, morto nel 1637, non aveva potuto completarla ma aveva comandato nel testamento "che fosse portata alla ultima perfezione la chiesa da me principiata … conforme nel disegno e intenzione che sono a notizia di M. Giacomo Pacifici architetto e M. Nicolò Valle capomastro muratore". Al centro della navata, a destra, un'iscrizione contenuta in una forma rettangolare ricorda i lavori di restauro della chiesa fatti eseguire nella prima metà del secolo XIX dal Principe Vincenzo (III) Giustiniani e dal Vescovo di Sutri e Nepi, Mons. Anselmo Basilici. Di fronte, nella parte sinistra della navata, un'altra iscrizione menziona la visita del Pontefice Pio VII effettuata nel 1805. Sull'altare del braccio destro del transetto, un dipinto di autore anonimo rappresenta la nascita del Redentore, mentre su quello del braccio sinistro è rappresentata l'incoronazione di San Vincenzo Martire. Nei pilastri a sinistra e a destra dell'accesso al presbiterio due lapidi del secolo XVII recano la trascrizione di un Breve del Pontefice Innocenzo X. Vi si legge che sono concesse indulgenze particolari ai fedeli che visiteranno la chiesa in alcuni giorni dell'anno. Nella cappella a destra del coro è conservata , la statua del Cristo Portacroce o Cristo Redentore, commissionata da Metello Vari nel 1514 a Michelangelo Buonarroti per la chiesa domenicana di Santa Maria sopra Minerva a Roma. Michelangelo, dopo aver terminato la bozza, si accorse che, proprio sul viso del Cristo, il marmo aveva una venatura nera. Abbandonò, allora, l'opera e iniziò a scolpirne una nuova, realizzandola in "diversa positura" rispetto alla prima. Essa è oggi conservata presso la chiesa di Santa Maria sopra Minerva . La prima statua fu trattenuta dal Vari e posta ad ornamento del proprio giardino presso la Minerva. Dopo vari passaggi fu acquistata dal Marchese Vincenzo Giustiniani che, fattala completare da artisti dell'epoca, la collocò nel suo palazzo romano. Più tardi, nel 1644, il Principe Andrea Giustiniani, che voleva compiere la volontà dello zio, la trasferì a Bassano per collocarla sull'altare maggiore della chiesa di San Vincenzo dove rimase fino al 1979, quando fu sostituita dal complesso marmoreo del Santo Volto a cui, oggi, è dedicato il santuario. Da allora la statua fu collocata nella piccola sacrestia ricavata dalla cappella a sinistra del coro, lontano dagli occhi dei fedeli che ignoravano il valore artistico dell'opera. Soltanto nel 1998, a seguito di ricerche svolte negli archivi della famiglia Giustiniani, Silvia Danesi Squarzina e Irene Baldriga dell'Università La Sapienza di Roma, hanno portato alla luce il vero artefice dell'opera. La storia del marmo di Michelangelo era rimasta, infatti, sconosciuta per secoli e la statua era ritenuta una copia con varianti del Cristo della Minerva. La chiesa è attualmente di proprietà dei Padri Benedettini Silvestrini che la ricevettero in dono, insieme all'area circostante, dal Principe Innocenzo Odescalchi nel 1940.In quell'epoca il tempio versava in condizioni pessime, come si legge in una pubblicazione dell'Istituto San Vincenzo del 1954: "...E la rovina irreparabile sembrava segnata, la grande croce di ferro che sovrastava la cupola, le braccia contorte, s'era piegata a metà: le pesanti lastre di piombo, come grandi ferite slabrate, erano state aperte accartocciate come aquiloni e pendevano a brandelli dalle cuspidi: sulle occhiaie vuote e segregate dei campanili i gufi, nelle notti stellate, mandavano i loro richiami alle civette: sui cornicioni della facciata vegetavano e mollemente si avvinghiavano alle colonne di peperino terminanti l'attico e arditamente salivano fin sulla aureola della statua del Redentore. L'interno del sacro tempio non era ridotto in migliori condizioni: dalle vetrate senza vetri, dai tetti senza tegole l'acqua penetrava abbondante, allagava il pavimento di ardesia, logorava gli stucchi, rovinava i bei marmi antichi degli altari: i muri erano vellutati dal verde cupo dei licheni: il salnitro rodeva i pennacchi della cupola: sull'ultimo leggiadro cornicione fiorivano varie specie di erbe: nella cappella della Madonna, dinanzi alla Sacra Immagine, una invadente e tenace pianta di fico vegetava rigogliosa e ingrassava i suoi frutti selvatici. Mani rapaci, avide di chissà quali guadagni, avevano rubato le finte perle che ornavano il Tabernacolo. E i due fabbricati ai lati della chiesa? Un cumulo di rovine, covo di serpi, nido di falchi in mezzo al verde dei sambuchi e delle ficaie selvatiche." Solamente nei primi undici giorni del mese di novembre, ogni anno il tempio riapriva il suo portone al popolo bassanese che, seguendo la tradizione dei Padri, saliva per la strada campestre sino a San Vincenzo per "prendere il perdono" . A queste rovine, l'Abate Padre Ildebrando Gregori restituì il primitivo splendore creando intorno alla chiesa un monastero con annesso collegio per gli orfani di guerra. Fu realizzato, infatti, un'imponente complesso che ospitò per molti anni ragazzi bisognosi dando loro la possibilità anche di frequentare le scuole di ogni ordine e grado. Il 29 settembre 1979, il monumentale tempio di San Vincenzo Martire, dopo opportuna ristrutturazione, viene intitolato al Volto Santo di Gesù, con solenne benedizione impartita dall'allora Presule di Sutri e Nepi Mons. Marcello Rosina. L’immagine del S. Volto e il gruppo statuario che la racchiude sono opera dello scultore Aronne Del Vecchio di Roma. Oggi la struttura, ben organizzata ed attrezzata, viene utilizzata come centro di accoglienza, casa per ferie e luogo di ritiro per attività spirituali.


Il nostro viaggio alla scoperta delle bellezze di Bassano Romano prosegue. Dal colle di San Vincenzo ritorniamo nel centro storico e da qui risaliamo per Via Oriolo, costeggiando le mura del parco Giustiniani-Odescalchi, fino alla chiesa campestre di "Santa Maria dei Monti". Essa fu edificata, in posizione magnificamente panoramica, nel XV secolo, probabilmente in onore della Vergine protettrice delle messi della comunità. Piccola ma accogliente, conserva nel suo interno resti di affreschi raffiguranti due personaggi dal nobile aspetto e nell'abside una Madonna con Bambino. Una tradizione, ancora rispettata, vuole che il 1° maggio di ogni anno, vi venga celebrata una Santa Messa a conclusione di una processione votiva che parte dalla Parrocchia e risale fino alla chiesetta. Un tempo il percorso processionale si articolava anche all'interno del parco del Palazzo Giustiniani-Odescalchi.






Oltre a queste Chiese maggiori ci sono altre chiese a testimonianza della presente e passata devozione dei bassanesi. In località Sant'Angelo si trova un'altra chiesetta di campagna ed un'altra più piccola, ma molto caratteristica, si trova in prossimità della piazza del mercato ed è nota come chiesa della Madonna del Canale.